“ …e noi siam galantuomini” dicono con faccia sorniona i bravi a don Abbondio. Una storia tutta inventata quella di Renzo e Lucia? Non completamente. Sembra infatti che Alessandro Manzoni si sia avvalso di una torbida vicenda avvenuta dalle parti di Vicenza, emersa da atti processuali d’archivio finiti ad un certo punto da Venezia a Milano, e, adattandola, abbia tratto la trama del suo capolavoro. Anche nel bergamasco, ai tempi del dominio della Serenissima, i nobili spadroneggiavano e infilzavano di spada personalmente, o facevano archibugiare dai loro bravi, rivali di altrui ma anche della propria famiglia. Un percorso dunque un po’ truculento tra omicidi privati e torture pubbliche a delineare un periodo tra la metà del ‘500 e la metà del ‘600 in cui in Italia i cavalieri in crisi di identità non se la prendevano con i mulini a vento ma con chiunque li ostacolasse.
La vicenda
L’1 aprile 1563 il conte Achille Brembati viene ucciso a tradimento. Un delitto eclatante tanto che ne parlano tutte le grandi monarchie europee divise tra le due faide bergamasche (la famiglia Brembati e la famiglia Albani) ma non unico, esemplificativo dell’ondata di violenza che colpì con particolare virulenza la città di Bergamo da metà ‘500 a metà ‘600. Il luogo vilmente scelto quello più sacro per la città di Bergamo: la Basilica di Santa Maria Maggiore. In nome di una giustizia che farà solo in parte il suo corso: una madre giura che non si toglierà il sangue che il figlio morente abbracciandola le ha lasciato sul viso e una sorella, nota poetessa, si reca personalmente a Venezia a perorare la causa davanti al Consiglio dei Dieci con un discorso intenso e coraggioso. Ricostruzione avvincente e colorita della vigliacca e trucida vicenda fu fatta in modo minuzioso dallo storico Bortolo Belotti il quale si avvalse soprattutto di documenti depositati nell'Archivio di Stato di Venezia per scrivere il suo libro, quasi un giallo, Una sacrilega faida bergamasca del Cinquecento.
Fonti usate
Essendo l’omicidio avvenuto nella Basilica di Santa Maria Maggiore, gestita dalla Congregazione della Misericordia Maggiore fin dal XV secolo, era plausibile ritenere che nell’archivio dell’Ente si sarebbe trovata documentazione di una vicenda che aveva destato tanto scalpore. Inoltre rappresentanti dell’una e dell’altra famiglia erano stati all’interno del consiglio direttivo della MIA. Invece rimane, come segnalato dallo stesso storico bergamasco, solo una breve “notta” -in occasione della morte della moglie della vittima, Minerva Rota,- scritta dal dottor Poncino, il quale, proprio per il clima crescente di violenza, si troverà egli stesso costretto successivamente a chiedere di dimettersi dall’incarico di notaio della MIA in quanto minacciato nell’esercizio delle sue funzioni. L’unica fonte primaria è quindi questa cronaca, gli altri documenti sono da considerarsi fonte secondaria anche se fondamentali per la ricostruzione degli avvenimenti.
Possibilità di approfondimento
I documenti selezionati in questo dossier offrono la possibilità di ricostruire non solo la vicenda dell’assassinio in basilica, ma di conoscere uno spaccato della vita e della mentalità della Bergamo tra il ‘500 e il ‘600, e possono essere utilizzati in modi diversi:
· Ricostruzione della vicenda: ambientata nel cuore della città, tra la Basilica di Santa Maria Maggiore e piazza Vecchia e coinvolge due tra le più importanti famiglie bergamasche del ‘500: la vittima, Achille Brembati, che va sereno all’appuntamento di riappacificazione e durante la Messa viene assalito, rincorso fin sotto le scale del Palazzo della Ragione ed ucciso.
· La ricostruzione dell’ambiente, che fa da sfondo alle vicende anche con l’utilizzo di dipinti dell’epoca (si pensi ai bellissimi ritratti di Giovan Battista Moroni o di Lorenzo Lotto di aristocratici bergamaschi del tempo) : l’abbigliamento dei personaggi, le armi, le residenze, ma con un occhio al panorama della città o dei borghi di provincia cresciuti attorno ai castelli e alle chiese.
· La mentalità dell’epoca e un confronto con l’oggi rispetto ai valori della vita: l’onore, l’offesa, la vendetta di sangue, la giustizia e l’ingiustizia che si rispecchiano nei bandi, nelle modalità processuali e nelle pene.
Abilità e competenze
- capacità di lettura di documenti di tipologia diversa
- nello specifico capacità di lettura di manoscritti
- capacità di ricavare informazioni e formulare ipotesi
- capacità di formulare ipotesi sulla presenza o meno di documenti
- analisi delle variazioni linguistiche verificatesi nel corso del tempo attraverso la lettura dei documenti contenenti vocaboli in disuso o legati a particolari professioni e codici professionali
- individuazione di temi d’interesse suscitati dall’analisi delle fonti
- acquisizione di nuove conoscenze riguardanti :
- la storia bergamasca sotto il dominio di Venezia
- mentalità e consuetudini di vita diverse dalle proprie
- il sistema giudiziario (in particolare veneziano) in epoca moderna
- capacità di contestualizzazione storica e di confronto con l’oggi
Consigliato per
Consigliato per le classi del biennio della scuola secondaria di secondo grado, in particolare in abbinamento con la lettura de “I Promessi Sposi” e con il periodo storico. Possibilità per chi studia diritto di interessanti collegamenti.
Referenti del percorso
Fiorenza Cerati, Marta Bertoli
Referente per la progettazione curricolare
L’équipe de L’Officina dello storico di Bergamo