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2010/2011

“Cadette in Bergamo cose straordinari”. Dalla repubblica Veneta a Napoleone: vincitori e vinti, paure, sogni e segni di cambiamento

Come si annunciavano le notizie quando non c’erano la televisione o internet? Nel 1797, ai tempi della Rivoluzione e dell’arrivo delle truppe napoleoniche a Bergamo, Michele Bigoni è il campanaro della città: uno spettatore privilegiato con un posto in prima fila sul Campanone. Dall’alto del suo punto di osservazione non solo suona le campane per annunciare gli avvenimenti straordinari, ma ne fa una precisa cronaca. Nel suo diario testimonia un vero e proprio sconvolgimento: le feste in piazza, il rogo delle parrucche dei nobili, l’albero della libertà che non solo cambiarono il volto della società e del potere, ma istituirono anche nuovi simboli e nuove immagini per rappresentarlo.

“…e noi siamo galantuomini…” Faide e criminalità “nobile” nella Bergamo veneziana tra il XVI e il XVII secolo.

“ …e noi siam galantuomini” dicono con faccia sorniona i bravi a don Abbondio. Una storia tutta inventata quella di Renzo e Lucia? Non completamente. Sembra infatti che Alessandro Manzoni si sia avvalso di una torbida vicenda avvenuta dalle parti di Vicenza, emersa da atti processuali d’archivio finiti ad un certo punto da Venezia a Milano, e, adattandola, abbia tratto la trama del suo capolavoro. Anche nel bergamasco, ai tempi del dominio della Serenissima, i nobili spadroneggiavano e infilzavano di spada personalmente, o facevano archibugiare dai loro bravi, rivali di altrui ma anche della propria famiglia. Un percorso dunque un po’ truculento tra omicidi privati e torture pubbliche a delineare un periodo tra la metà del ‘500 e la metà del ‘600 in cui in Italia i cavalieri in crisi di identità non se la prendevano con i mulini a vento ma con chiunque li ostacolasse

 

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