a cura del prof. Paolo Ermano e della classe 4B (anno scolastico 2013-2014) del Liceo Scientifico Statale “Bertrand Russell” di Garbagnate Milanese (Milano)
Le fonti d'archivio utilizzate sono i testamenti di quattro benefattori e una benefattrice, vissuti tra il XVII e il XVIII secolo, che indicano loro erede universale il Luogo Pio di Loreto. Dai documenti sono state individuate alcune tematiche, che la classe, divisa in gruppi, ha approfondito, utilizzando anche altre fonti e testi reperiti in biblioteca o in rete.
Perché tanta attenzione ai cosiddetti poveri vergognosi? Si deve risalire al milanese sant'Ambrogio. La carità è virtù teologale e assume più valore se rivolta a persona declassata che, proprio per il passato decoro, non può confondersi col questuante di professione, il vizioso, altresì detto poltrone, ma va aiutata con la necessaria discrezione. La condizione di povertà vergognosa, della quale esisteva una specifica iconografia, divenne, però, con l'affermarsi della mentalità che giudicava l'incapacità di produrre denaro, sinonimo di inettitudine e parassitismo.
Una ricerca ha seguito i gesuiti e la conseguente diffusione del culto lauretano a Milano. Partendo dalla leggenda della Santa Casa, trasportata dagli angeli da Nazareth fino a Loreto, abbiamo ricostruito alcuni momenti del progressivo affermarsi dell'ordine in città; col sostegno ricevuto da San Carlo per la direzione del Seminario milanese, ma anche dello scontro sociale che essi innescarono. L'Ordine divenne infatti un riferimento per i nuovi ceti mercantili, opposti al patriziato che si riconosceva in Carlo Borromeo.
L'analisi degli Statuti della Congregazione ci mostra l'impegno nelle opere di carità verso vergognosi, carcerati, pubbliche peccatrici, cui va aggiunto il potere dovuto all'ingente valore delle donazioni, che servirono anche a disinvolte pratiche commerciali (compravendita di case, terreni, acquisto di titoli), giudicate, dalle autorità ecclesiastiche, poco coerenti con lo spirito gesuitico iniziale, fondato sull'obbligo di povertà.
Un'altra ricerca ha riguardato il testamento nuncupativo, la fonte più utilizzata, e il notaio, la figura professionale che, seguendo una specifica procedura, lo redigeva. Sono stati approfonditi poi alcuni aspetti, sempre in ambito milanese, delle altre professioni citate nei testamenti: mercanti, guantai e profumieri, chirurghi e barbieri.
A partire dalle numerose presenze di donne nei testamenti (mogli, parenti, monache, conoscenti, serve) sono stati esaminati diversi aspetti relativi alla condizione femminile. La benefattrice Margherita Bonicelli, vedova di un commerciante e usuraio, è un esempio di autonomia e indipendenza. Ella continuò entrambe le attività del marito; il suo secondo matrimonio fu dovuto alla necessità, per le leggi del tempo, di garantirsi una sorta di prestanome per le proprie attività commerciali.
Interessanti anche le relazioni con le altre donne citate nel testamento, parenti del primo marito e di condizione economica inferiore.
Le donne sole: nubili, vedove e malmaritate; secondo gli Statuti milanesi godevano di pochi diritti rispetto alla proprietà, inoltre per le vedove, a parte i beni parafernali, un nuovo matrimonio comportava la perdita dei beni ereditati dal coniuge.
Interessante, per quanto concerne il lavoro femminile, la situazione delle serve, presenti nelle fonti per piccoli lasciti. Il lavoro servile era spesso finalizzato alla dote e le congregazioni di beneficenza, oltre ai lasciti testamentari, potevano contare annualmente su cospicue somme da destinarsi a putte povere timorate e meritevoli. La dote era la condizione fondamentale per accedere al matrimonio ed evitare così forme di mantenimento degradanti e illecite.
L'alternativa dignitosa al matrimonio era il monastero; nei testamenti si ricordano molte monache che ricevono delle somme per il loro mantenimento. Tale condizione era, nei ceti elevati, la soluzione naturale per le figlie non destinate al matrimonio; ciò rendeva i monasteri dei luoghi dove la vocazione e la devozione non erano la norma. Il problema delle monacazioni forzate e della corruzione delle religiose era diffuso, ben presente anche alle gerarchie ecclesiastiche le cui aspre condanne cedevano di fronte alle strategie patrimoniali delle famiglie, che non ammettevano deroghe.
Nel testamento di Claudio Balli si nomina la Pia Casa di Santa Valeria, alla quale è destinata una somma per il mantenimento di donna di pubblico scandalo che ravveduta de' suoi trascorsi, voglia ritirarsi in detto Monastero e nel caso di più concorrenti si deve scegliere la più giovane, e la più avvenente, la quale sia in caso di dar maggior scandalo, e far peccare il prossimo. Abbiamo quindi ricostruito brevemente l'origine e le finalità del Ritiro di Santa Valeria e, sempre in merito al fenomeno alla redenzione di donna che per sua disgrazia si sia data in preda al peccato, un'altra istituzione altrettanto famosa all'epoca: il Deposito di San Zeno. Illustre ospite di Santa Valeria fu Marianna de Leyva y Marino, alias Suor Virginia Maria, alias Gertrude la Monaca di Monza.
E per finire vi invitiamo a ...fà el gir di sètt ges!
icciarà de Milan, giornale indipendente, numero unico, aprile 1881
Elaborato della classe IV B, anno scolastico 2008-2009, Liceo scientifico statale "Bertrand Russell", Garbagnate Milanese (Milano). prof. Paolo Ermano
percorso tematico: "La storia per biografie. Il contributo di nobili, borghesi, professionisti e filantropi alla storia milanese e lombarda in età moderna e contemporanea".
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"I testamenti raccontano"
elaborato della classe 4B (anno scolastico 2013-2014), Liceo Scientifico Statale “Bertrand Russell” di Garbagnate Milanese (Milano), prof. Paolo Ermano
percorso tematico: “Visitare Hospitali, carcerati et aiutare li poveri vergognosi": uno sguardo nella vita di alcuni benefattori del Luogo Pio di Loreto tra il XVII e il XVIII secolo.